Il 5 dicembre 1994 l’Ucraina firmò il Memorandum di Budapest. Con quell’accordo, Kyiv rinunciò al terzo più grande arsenale nucleare al mondo in cambio di garanzie di sicurezza fornite da Stati Uniti, Regno Unito e Russia.
Prima della firma, il rinomato politologo e studioso di relazioni internazionali John Mearsheimer aveva avvertito che l’Ucraina avrebbe dovuto mantenere le proprie armi nucleari. A suo giudizio, quella era l’unica reale garanzia per prevenire una futura guerra russo-ucraina, che egli descrisse come una potenziale “catastrofe”, destinata a tradursi in ripetute conquiste dell’Ucraina e a “minare la pace in tutta Europa”.
Nonostante questi avvertimenti, gli Stati Uniti spinsero l’Ucraina a sottoscrivere il Memorandum di Budapest e a smantellare il proprio arsenale nucleare. Come parte dell’accordo, l’Ucraina distrusse la sua flotta di bombardieri strategici a lungo raggio e trasferì oltre 1.000 missili da crociera, con l’assistenza degli stessi Stati Uniti nella demolizione della flotta aerea.
In cambio, l’Ucraina ottenne “garanzie di sicurezza” da Washington, Londra e Mosca.
La Russia, naturalmente, ha poi brutalmente violato tali impegni, insieme a numerosi altri trattati. Paradossalmente, alcuni dei missili che l’Ucraina consegnò alla Russia vengono oggi utilizzati contro le città ucraine.
E ora, invece di onorare pienamente quegli impegni, gli Stati Uniti stanno esercitando pressioni sull’Ucraina affinché ceda parte del proprio territorio all’aggressore, offrendo in cambio un nuovo insieme di “garanzie” destinate, con ogni probabilità, a crollare non appena messe alla prova.
Budapest fu un errore storico. Ripeterlo oggi non porterebbe la pace, ma aprirebbe la strada a un’altra guerra — ancora più sanguinosa.

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