Acquistare prodotti a prezzi stracciati su piattaforme di e-commerce come Temu può sembrare un affare, ma i consumatori europei devono fare attenzione. La piattaforma, arrivata in Europa e con oltre 90 milioni di utenti, è attualmente sotto indagine dalla Commissione Europea per la vendita di prodotti potenzialmente illegali o non sicuri, come giocattoli e dispositivi elettronici. L’indagine rientra nel Digital Services Act (DSA) e punta a verificare se Temu adotti misure adeguate per prevenire la diffusione di prodotti non conformi agli standard europei. Le sanzioni previste, in caso di violazioni confermate, potrebbero arrivare fino al 6% del fatturato mondiale annuo.
Per spiegare come possa essere pericoloso rivolgersi a queste piattaforme abbiamo scelto un prodotto tra quelli venduti su Temu. Un esempio emblematico è rappresentato dallo smartphone DOOGEE N55PRO, proposto sulla piattaforma a meno di 100 euro, con caratteristiche tecniche interessanti come 16 GB di RAM, 256 GB di storage e batteria da oltre 5000 mAh. A prima vista sembra un’offerta imperdibile, ma dietro al prezzo basso si nascondono rischi concreti: il venditore ufficiale sulla piattaforma Temu non è il produttore cinese, ma una micro-società francese appena nata, chiamata Rhyym, registrata a Lille nel maggio 2024. La società ha un capitale sociale di soli 300 euro e un unico amministratore, il giovane ventitreenne rumeno Cristian-Marian Matache (visure sulla società presenti a fine articolo). In caso di problemi - malfunzionamenti, garanzia o sicurezza - a rispondere legalmente sarebbe solo questa piccola società, con risorse economiche e strutturali estremamente limitate, non il produttore DOOGEE.
Il caso del DOOGEE N55PRO serve come esempio per illustrare un problema più ampio: molti prodotti venduti su Temu seguono lo stesso modello, con venditori europei minimi e strutture legali fragili, mentre la responsabilità finale ricade su una multinazionale distante. Questo significa che i rischi evidenziati per lo smartphone possono applicarsi a un’infinità di altri articoli, dai dispositivi elettronici agli elettrodomestici, dai giocattoli agli accessori.
Ma ci sono anche altri rischi spesso sottovalutati dagli acquirenti delle piattaforme di e-commerce internazionali, come dimostra la vicenda che ha per protagonista un consumatore romano. Tutto parte lo scorso maggio, quando l’acquirente effettua un ordine su Temu per un totale di 42,13 euro. Nel carrello finiscono articoli comuni: palloncini per feste di compleanno, spugne da cucina, un costume da bagno, una maglietta e dei fermagli per capelli da bambina. A fermare la spedizione sono però proprio gli ultimi due prodotti, bloccati in dogana e sottoposti a verifica. Durante i controlli, infatti, i funzionari rilevano che la maglietta riproduceva personaggi ispirati al film Monsters & Co., mentre i fermagli richiamavano Inside Out. La provenienza extra-UE, il confezionamento e le caratteristiche degli oggetti hanno fatto scattare il sospetto di contraffazione. Per avere conferma è stata richiesta una perizia tecnica ai consulenti legali della Disney, che hanno attestato la falsificazione. A quel punto, la conseguenza è stata inevitabile: la merce è stata sequestrata e all’acquirente è stata notificata una sanzione da 618,00 euro.
La legge italiana è molto chiara: chi introduce in Italia beni provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione Europea che violano norme sulla proprietà industriale o sul diritto d’autore rischia una multa che va da 300 a 7.000 euro, oltre alla confisca della merce. In questo caso, l’acquisto di pochi euro si è trasformato in una spesa quindici volte più alta, senza nemmeno ricevere i prodotti ordinati.
Ma fermiamoci per un minuto a riflettere su un altro aspetto, non meno importante: Chi c'è dietro questa piattaforma dell'e-commerce. Al vertice della catena commerciale c’è la multinazionale cinese PDD Holdings, proprietaria di Temu. La società ha sede legale alle Cayman, quartier generale europeo a Dublino e centri operativi a Shanghai. Quotata in borsa, vale circa 170 miliardi di dollari, più di Stellantis o Generali e persino oltre colossi globali come Nike. Il fondatore è il miliardario cinese Colin Huang (Huang Zheng), ex ingegnere di Google, creatore anche di Pinduoduo, che ha costruito il suo impero sull’e-commerce a prezzi stracciati. Con un patrimonio personale stimato intorno ai 60 miliardi di dollari, Huang è oggi tra gli uomini più ricchi del pianeta. La PDD è cresciuta rapidamente nel settore dell'e-commerce. Huang ha mantenuto un controllo significativo attraverso una struttura azionaria a doppia classe, pur non gestendo più operativamente l’azienda.
La registrazione alle Isole Cayman, nota per la sua opacità fiscale, consente all’azienda una discreta autonomia finanziaria, suscitando interrogativi sulla trasparenza e la responsabilità verso consumatori e azionisti.
Quando un’offerta sembra troppo buona per essere vera, è un segnale chiaro: non ci si può fidare. Temu e piattaforme simili dimostrano che il “low cost” non è mai senza conseguenze: dietro il prezzo basso può celarsi un rischio concreto per la sicurezza, la garanzia e i diritti dei consumatori, indipendentemente dal tipo di prodotto acquistato.
Non meno importante, occorre considerare che ogni acquisto su queste piattaforme contribuisce a ingrassare i portafogli delle multinazionali nei paradisi fiscali, alimenta filiere produttive opache che non sempre rispettano gli standard europei e, nello stesso tempo, penalizza le imprese locali che investono in qualità, sicurezza e rispetto delle regole.
Impossibile non tenere conto anche delle importanti implicazioni in materia di cyber sicurezza. L’app di e-commerce Temu è accusata di comportarsi come un vero e proprio malware, progettato per raccogliere in modo occulto grandi quantità di dati sensibili dagli utenti e di eludere i controlli di sicurezza. Un’indagine forense indipendente, condotta dallo Stato del Nebraska, ha confermato che il codice dell’app è pensato per esfiltrare informazioni personali e per rendere difficile il lavoro dei ricercatori. Già nel 2023 Apple aveva sospeso Temu dall’App Store per false dichiarazioni sulla raccolta dei dati, mentre Google aveva fatto lo stesso poco prima con Pinduoduo, app considerata il precursore di Temu, perché conteneva malware. Tra i comportamenti contestati emergono il tracciamento continuo e preciso della posizione GPS, la raccolta dei dati sulle reti Wi-Fi utilizzate e circostanti per ricostruire gli spostamenti, l’accesso a microfono e fotocamera senza adeguata trasparenza e l’uso di metodi obsoleti e deprecati di Android, capaci di rivelare le attività e le abitudini d’uso del dispositivo. Inoltre l’app sarebbe in grado di identificare tutte le altre applicazioni installate e, in certi periodi, di accedere perfino agli account online registrati sul dispositivo. Secondo l’atto d’accusa, Temu non si limita dunque a essere una semplice piattaforma di shopping, ma opera come un software di sorveglianza in grado di monitorare e profilare in profondità i propri utenti.
Se, nonostante tutto questo, si sceglie di non cambiare idea, significa ignorare consapevolmente i segnali e accettare il rischio di giocare con il fuoco. E, come la cronaca insegna, chi gioca con il fuoco prima o poi si scotta.