Ci sono ferite che non si vedono, ci sono vittime della guerra che sanguinano dentro. A volte per tutta la vita, a volte dai primi passi della vita. Nessuno può sapere quanti bambini di oggi in Ucraina porteranno per sempre dentro di se i segni di questa guerra. Bogdan è uno di loro. Ha dieci anni ed è fuggito con sua madre Irina da un villaggio occupato dai russi sulla riva sinistra del Dnipro nella regione di Kherson.
Nel servizio giornalistico di Est Ovest non viene, giustamente, detto il nome del villaggio dove vivevano e non viene mostrato il volto di Irina, che teme per la vita di suo marito che è rimasto nei territori occupati. Oggi Bogdan è in cura in questo centro di riabilitazione a Odesa.
Qui Irina ricorda l'inizio del suo incubo. Sono arrivati i russi, hanno preso la città, è stato terrificante. Elicotteri, carri armati, missili, c'erano esplosioni dappertutto. I bombardamenti erano continui, giorno e notte. "Noi non avevamo un rifugio, andavamo dai vicini che avevano una cantina. Una volta era appena iniziato un bombardamento, siamo corsi da loro, ma mentre eravamo sulla strada un colpo è caduto vicino a noi. Ho spinto Bogdan a terra, l'ho protetto col mio corpo, i frammenti ci sono caduti addosso. Non era terrorizzato, anzi, la parola neanche rende l'idea. Tremava sempre, mi chiedeva, mamma dove possiamo scappare? Ma alla fine eravamo sempre nello scantinato dei vicini, a volte senza dormire, dormivamo seduti insomma".
