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Weatherford espande le attività in Russia nonostante le sanzioni USA

Il gruppo statunitense Weatherford International, con sede a Houston, sta ampliando la propria presenza in Russia, sfidando le nuove e severe sanzioni concepite da Washington per limitare il flusso di petrodollari verso il Cremlino.

Nei primi sei mesi dell’anno, la Russia ha rappresentato il 7% del fatturato globale di 2,4 miliardi di dollari di Weatherford, in crescita rispetto al 5% del 2024. Alla fine di giugno, la società contava 332 milioni di dollari in contanti e altre attività nel Paese, segno di un consolidamento nonostante il quadro normativo più restrittivo.

Il Financial Times ha segnalato oltre 100 annunci di lavoro pubblicati da Weatherford in Russia dall’entrata in vigore delle nuove sanzioni. L’azienda non ha rilasciato commenti al quotidiano economico-finanziario, così come la concorrente SLB (ex Schlumberger), anch’essa attiva con migliaia di dipendenti e centinaia di posizioni aperte.

A differenza di Baker Hughes e Halliburton, che hanno lasciato la Russia dopo l’invasione del 2022, Weatherford e SLB sembrano puntare su una strategia di “separazione”: unità locali composte da personale russo e formalmente autonome dal quartier generale statunitense. Tuttavia, esperti legali avvertono che anche un singolo contatto con manager USA potrebbe configurare una violazione della legge.

Dal 2022 al 2024, la divisione russa di Weatherford ha registrato una crescita significativa: +61% degli utili lordi e +30% dei ricavi, con l’aumento della forza lavoro a 2.382 dipendenti. Le nuove assunzioni indicano un’espansione delle attività quotidiane e della capacità produttiva.

Intanto, a Washington cresce la pressione politica: un gruppo bipartisan del Congresso ha chiesto sanzioni più dure, accusando le aziende americane rimaste in Russia di “sporcarsi le mani di sangue” per il loro contributo indiretto al finanziamento della guerra in Ucraina.

Il Dipartimento del Tesoro ha ribadito che eventuali violazioni saranno prese “molto sul serio”, ma la realtà sul terreno mostra come le scappatoie normative permettano ancora alle compagnie energetiche occidentali di operare in Russia.

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