La propaganda del Cremlino non conosce tregua. Dopo aver giustificato l’invasione dell’Ucraina come una “risposta preventiva” a presunte minacce occidentali, Mosca torna a evocare nemici e complotti ai propri confini e questa volta il bersaglio è la Finlandia. Dmitri Medvedev, ex presidente russo e oggi vicepresidente del Consiglio di Sicurezza, in un articolo pubblicato dall’agenzia statale TASS ha accusato Helsinki di preparare il terreno per un attacco NATO contro la Russia, arrivando a paragonare l’attuale governo finlandese ai collaborazionisti con la Germania nazista negli anni Trenta e Quaranta e minacciando che un eventuale scontro con Mosca potrebbe portare al “crollo definitivo dello Stato finlandese”. È una retorica che riecheggia le accuse lanciate da Vladimir Putin a Kyiv alla vigilia dell’aggressione del 2022: parole già sentite, costruite per alimentare l’idea di un accerchiamento e presentare la Russia come vittima di complotti esterni.
Va ricordato che la Finlandia non è nuova a minacce da parte di Mosca: nel 1939 l’Unione Sovietica invase il paese nella cosiddetta Guerra d’Inverno, avanzando richieste territoriali per motivi di sicurezza. Nonostante la disparità numerica, i finlandesi opposero una resistenza tenace, dimostrando come Helsinki abbia già affrontato in passato aggressioni dirette da parte di Mosca.
Il paradosso è che mentre Medvedev descrive la Finlandia come una minaccia russofoba, è stata la Russia a violare i confini della NATO. Nel recente attacco contro l’Ucraina diciannove droni russi hanno sconfinato in Polonia e Varsavia li ha abbattuti, chiedendo poi consultazioni agli alleati ai sensi dell’Articolo 4. È il primo episodio dall’inizio della guerra in cui un Paese dell’Alleanza colpisce direttamente armamenti di Mosca, un salto qualitativo che mostra come il conflitto non sia più confinato ai confini ucraini.
A rendere il quadro ancora più surreale, Medvedev ha riesumato la questione delle riparazioni di guerra, pretendendo oggi centinaia di miliardi di dollari a distanza di ottant’anni dal Trattato di Parigi, in base a stime discutibili della Corte Suprema della Carelia. Si tratta di una mossa senza alcun fondamento giuridico, ma funzionale alla narrativa vittimista che il Cremlino ripete da anni: la Russia accerchiata, costretta a reagire, tradita dai vicini e perseguitata dall’Occidente.
La realtà è che, come in Ucraina, anche sulla Finlandia il Cremlino costruisce un racconto tossico fatto di nemici immaginari e revisionismo storico, utile a mantenere coesa l’opinione pubblica interna e a giustificare nuove minacce. Le accuse contro Helsinki, come quelle contro Kyiv, non sono altro che il preludio a possibili ulteriori escalation, perché ogni volta che Mosca individua un nuovo “nemico” da demonizzare prepara il terreno a un aumento del confronto militare. Con la Finlandia ormai integrata nella NATO e la Polonia già costretta a difendere i propri cieli, il rischio è che la guerra non resti confinata all’Ucraina ma si trasformi in uno scontro diretto con l’Alleanza atlantica. È uno scenario che non conviene a nessuno, ma che la retorica aggressiva e paranoica del Cremlino rende giorno dopo giorno più plausibile.