Un’altra notte di terrore. Un’altra notte di guerra in Ucraina. La Russia ha scatenato uno degli attacchi combinati più violenti dall’inizio dell’invasione: droni e missili balistici hanno colpito più città contemporaneamente, trasformando interi quartieri residenziali in rovine fumanti.
A Kyiv, i droni hanno centrato palazzi abitati: una giovane madre e il suo bambino sono morti tra le fiamme, tredici persone sono rimaste ferite, mentre un edificio governativo bruciava nel cuore della capitale. A Odesa, i grattacieli sono stati sventrati. A Kremenchuk, più di quaranta esplosioni hanno fatto crollare il ponte principale della città. Dnipro è stata scossa da esplosioni ripetute, Kryvyi Rih ha visto colpite le infrastrutture e le case, mentre a Zaporizhzhia i missili hanno distrutto un’impresa civile. Nella sola notte sono stati lanciati fino a 1.000 droni e missili.
Questa guerra non è qualcosa di distante o irrilevante per noi. Non è una semplice disputa di confini. È la manifestazione brutale della barbarie del Cremlino, che mostra di poter cancellare città, scuole, ospedali e asili semplicemente perché ne ha la forza. E quando la violenza non incontra resistenza, diventa norma.
Chi in Europa crede di essere al sicuro dovrebbe ricredersi. Pensare che “rapporti cordiali” con Mosca possano garantire stabilità è un’illusione pericolosa. La destabilizzazione dell’Europa non è una possibilità remota: è un obiettivo dichiarato.
E allora, domandiamoci con onestà:
- Accetteremmo che i nostri quartieri venissero bombardati nel cuore della notte?
- Accetteremmo che i nostri figli crescessero sotto i bombardamenti aerei?
- Accetteremmo di tacere di fronte all’uccisione sistematica di civili innocenti?
L’Ucraina non sta soltanto difendendo il proprio territorio. Sta difendendo la libertà, la dignità e la pace che costituiscono il cuore stesso dell’Europa e del mondo libero.
Il silenzio, in questo scenario, non è neutralità: è complicità. E la complicità non ferma le bombe.