La guerra, quando viene raccontata solo attraverso numeri e statistiche, nasconde dietro ogni cifra una vita spezzata, un sogno interrotto, un volto che merita di essere ricordato. Tra le vittime dell’ultimo attacco missilistico su Kyiv c’è Maryna Hryshko, una ragazza di appena 17 anni.
Maryna era una studentessa del terzo anno presso il Kyiv Energy Vocational College. Una giovane con tutta la vita davanti, piena di progetti e speranze, strappata troppo presto all’affetto dei suoi cari. Non era una combattente, non era in prima linea: era semplicemente una ragazza che studiava, immaginando un futuro che non potrà più realizzare.
Il suo nome e il suo volto ci ricordano che dietro ogni notizia di cronaca, dietro ogni conteggio ufficiale delle vittime, ci sono persone reali: figli e figlie, studenti, lavoratori, amici, persone amate. Trasformarli solo in numeri significa cancellare la loro umanità, ridurre a statistica ciò che invece è una ferita profonda e irrimediabile.
Ricordare Maryna significa restituirle dignità, impedire che la sua esistenza venga inghiottita dall’anonimato della guerra. Significa anche ricordare che la pace non è un concetto astratto, ma la condizione necessaria perché ragazzi come lei possano crescere, studiare, amare e vivere la propria vita.