Il Cremlino sotto assedio: potere, paura e collasso economico. Un’inchiesta sullo stato reale della Russia di Putin
Dietro le mura del Cremlino non c’è più sicurezza, solo sospetto. Lo Stato russo sta cedendo dall’interno: le crepe sono politiche, strutturali, economiche. Putin vuole proiettare l’immagine di un leader saldo al comando, capace di resistere a qualunque tempesta. Ma i dati, le mosse legislative e i segnali che filtrano raccontano un’altra storia: un regime che perde sangue da ogni arteria. Come ogni dittatore in fase discendente, Putin stringe il cerchio intorno a sé, delegando il potere coercitivo solo a chi non osa metterlo in discussione.
La nuova NKVD: l’FSB diventa Stato nello Stato
L’8 luglio, la Duma ha approvato una legge che segna una svolta inquietante: l’FSB, erede del KGB, potrà costruire e gestire proprie carceri. Per la prima volta dai tempi di Stalin, la polizia segreta potrà arrestare, indagare e incarcerare senza passare né dal Ministero della Giustizia né da quello degli Interni. Nemmeno la Guardia Nazionale gode di simile potere. Questo significa un’unica cosa: Putin non si fida più delle sue stesse istituzioni, nemmeno dell’esercito o della polizia. L’FSB diventa il braccio armato supremo, con strumenti di repressione non soggetti a controllo costituzionale, vincoli legali o trasparenza. Gli effetti sono potenzialmente devastanti: scomparsa di oppositori senza traccia, epurazioni interne, neutralizzazione di fazioni rivali. Persino i ministri ora sono pedine sacrificabili. Non si tratta di sicurezza nazionale: è la costruzione di un apparato di terrore per mantenere in vita un sistema che oramai è al collasso.
Petrolio, gas e carbone: l’impero energetico si sgretola
Se la polizia segreta guadagna potere, l’economia russa perde ossigeno. A giugno, i ricavi da petrolio e gas sono crollati del 34%. Il greggio degli Urals viene scambiato a 52 dollari al barile, ben sotto i 70 previsti dal bilancio. Per un Paese che ricava il 40% delle entrate statali dall’energia, è un colpo mortale. Nel primo trimestre del 2025, gli utili netti del settore energetico si sono dimezzati: -7,6% per Rosneft, -26,5% per Lukoil. La crisi non risparmia nemmeno il carbone: le ferrovie statali hanno interrotto contratti chiave, mettendo in ginocchio intere regioni minerarie. Il contagio colpisce l’economia reale: vendite immobiliari a Mosca -42% a maggio, cantieri fermi, classe media in ritirata, capitali in fuga.
Un buco nero nei conti pubblici
Per coprire il deficit crescente, il Cremlino ha già bruciato 6 miliardi di dollari dal Fondo di Previdenza Nazionale nei primi cinque mesi del 2025, più della metà di quanto speso in tutto il 2024. Se il trend continuerà, il fondo sarà vuoto entro il 2026. Il rublo è sotto pressione: gli analisti prevedono una svalutazione a 120-130 per dollaro per salvare i conti pubblici. Ma una simile mossa potrebbe scatenare una corsa agli sportelli. Intanto, le famiglie non riescono più a pagare i debiti: prestiti in sofferenza per 3,7 miliardi di dollari in soli sei mesi. Questa non è stagnazione: è un collasso sistemico.
Il punto di non ritorno
Putin gioca la sua ultima carta: stringere il pugno in patria, ingannare l’Occidente all’estero. La propaganda intensifica il racconto di una Russia resiliente, ma dietro la facciata si cela un regime che sopravvive solo grazie alla paura e alla repressione. Il Cremlino non sta vincendo la tempesta. Sta affondando lentamente sotto il suo peso.