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Gergiev: direttore d’orchestra, uomo di regime


Nel 2022, mentre l’esercito russo invadeva l’Ucraina, il direttore d’orchestra Valery Gergiev ha scelto di non dire una parola. Nessuna condanna, nessuna presa di distanza dal presidente Putin, suo storico sostenitore. E quel silenzio, oggi, vale oro. Se in Occidente è stato boicottato e ha perso incarichi e cachet, in Russia le sue tournée con l’Orchestra del Teatro Mariinskij gli hanno garantito guadagni ancora maggiori, insieme a fondi pubblici e appalti milionari. Una fondazione a suo nome riceve donazioni da oligarchi e aziende statali, denaro che Gergiev usa per finanziare un patrimonio personale che include ville, ristoranti, locali di lusso e vasti terreni in tutta Italia, da Venezia a Roma, da Rimini a Massa Lubrense. Eppure, nonostante tutto, Gergiev è riuscito a evitare le sanzioni europee, continuando a godere di libertà e profitti anche nei Paesi democratici. 

L’Italia, in questo quadro, non è solo il contenitore patrimoniale, ma il vero laboratorio di operatività finanziaria della strategia soft power del Cremlino.

Il prestigio di un direttore d’orchestra non dovrebbe mai servire a mascherare il sostegno a un regime autoritario. Dietro la maschera del grande direttore d’orchestra, capace di incantare le platee internazionali si muove una realtà completamente diversa, parallela, fatta di fondazioni opache, società fittizie e patrimoni invisibili. Valery Gergiev, sodale storico di Vladimir Putin, ha costruito in Italia un meccanismo sofisticato che unisce occultamento patrimoniale, triangolazioni finanziarie e proiezione culturale del potere russo nel cuore dell’Unione Europea.

Un sistema che utilizza la cultura come schermo e l’arte come vettore strategico per ripulire capitali, spostare fondi e finanziare la propaganda russa sotto il volto rassicurante della musica.

Ma resta ancora senza risposta la domanda cruciale: quale imprenditore locale o quale società ha proposto alla Regione Campania l’ingaggio di Valery Gergiev? Chi ha agito da facilitatore di un evento che, nel pieno di una guerra scatenata da Mosca, porta in scena il volto più sofisticato del potere russo, offrendo palchi pubblici e risorse italiane a una figura centrale della macchina di influenza del Cremlino?

Nel frattempo, Gergiev guarda già oltre. È stata annunciata una tournée in Spagna per il 2026, con tappe a Barcellona, Madrid e Siviglia. Un nuovo ciclo di concerti che, ancora una volta, offrirà copertura culturale a una delle figure-chiave del potere putiniano. La musica continua, e con essa il flusso di fondi, immobili, benefici fiscali e relazioni istituzionali. Il direttore d’orchestra, acclamato in sala e protetto da passaporto olandese, si muove al centro di una rete che l’Europa fatica a vedere. Ma in Italia, quella rete ha già radici profonde. E continua a crescere, indisturbata.

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