Un uomo siede di fronte al potere. Le sue dita si stringono intorno ai braccioli della sedia.
Il bullo non fa alcuno sforzo per mascherare il suo disprezzo. Si siede rigidamente, gli occhi che bruciano di un'intensità innaturale, le dita che si contraggono sul bracciolo della sedia. Quando parla, non è una conversazione ma un'eruzione: parole sputate come proiettili, disprezzo intrecciato in ogni sillaba.
Lo sfogo non si placa. Non è un discorso ma un assalto, destinato non a persuadere ma a disorientare, a intimidire, a umiliare. Il bullo si sporge in avanti, sbattendo i pugni contro il tavolo. Il suo viso si arrossa, la sua voce si fa più acuta. Passa dagli insulti alle minacce, dalla storia alla grandiosità. Il grande paese che guiderà non sarà più maltrattato, dice. Quei giorni sono finiti. La gente ne ha avuto abbastanza. Le sue parole non sono argomenti, sono sentenze, verdetti, dichiarazioni di sventura.
"Tu non sei niente", dice il bullo, senza gridare. Uno dei suoi lacchè sorride. "Pensi di essere indipendente? Sei un fallimento, una vergogna". Dietro di lui, gli immensi generali stanno in silenzio, immobili. Non hanno bisogno di parlare; La loro presenza dice tutto. II visitatore li guarda e capisce cosa viene offerto. Questa non è diplomazia. È una scelta tra la sottomissione e l'annientamento.
Al visitatore non è consentita alcuna confutazione. Non parla finché il torrente di invettive non rallenta, e anche allora le sue parole sono deboli, incerte. Cerca di protestare, di insistere sul fatto che lui e il suo paese non sono da biasimare, che ha fatto tutto il possibile per mantenere la pace. La risposta del bullo è una risata amara e sprezzante, come se l'idea stessa fosse assurda. Si alza all'improvviso, camminando ora, scuotendo la testa, borbottando tra sé in uno sproloquio febbrile. "Voi firmerete, o noi agiremo. Sarai d'accordo, o cesserai di esistere".
Non c'è bisogno di dire cosa significhi. Il visitatore ha visto i volti degli uomini dietro di lui. Sa che, anche se firma, questo incontro non è una trattativa, ma un'autopsia. Non gli sono state date opzioni, solo richieste. Se cede, la sua nazione muore lentamente. Se resiste, muore rapidamente. Non ci sarà alcun aiuto in arrivo.
Correva l'anno 1938. Il visitatore era il cancelliere austriaco, Kurt Schuschnigg. Il bullo era Adolf Hitler. II luogo era il Berghof, il rifugio alpino di Hitler.