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La testimonianza: "per i russi eravamo noi gli obiettivi"


Maria ha 31 anni ed è originaria di Mariupol. Nella sua città natale, diventata tristemente il simbolo della guerra in Ucraina, non torna dal 17 marzo 2022, il giorno dopo quel devastante attacco russo al teatro di Mariupol, nel quale persero la vita 600 persone. Sky Tg24 ha raccolto la sua storia in questa breve intervista.

“Io, la mia famiglia, i miei vicini siamo scappati dalle nostre case alla ricerca di un posto sicuro. Quando l'invasione è iniziata, tutti i luoghi di cultura come i teatri, la Filarmonica erano considerati dei posti sicuri – racconta a Sky tg24 – Mio zio vive vicino a quel teatro e quindi il 16 marzo, sono andata a casa sua per fargli visita”.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini satellitari della città, del 14 marzo 2022, che mostravano su entrambi i piazzali antistanti il teatro, la parola in russo “bambini”, scritta in bianco in modo che fosse ben visibile anche dall’alto. Era un modo per segnalare la presenza di numerosi civili che avevano trovato rifugio proprio nell’edificio. Un avvertimento che fu, però, ignorato dall’aviazione russa.

“Ero di ritorno da casa di mio zio – prosegue Maria – quando ho sentito il rumore di un aeroplano molto vicino, molto forte e ho avuto paura. Sapevo che i russi bombardavano dall'alto. Ho sentito quel rumore, le esplosioni e poi ho visto il teatro distrutto, incendiato. Ho capito che la mia famiglia era in pericolo. Vedevo tante persone intorno a quel teatro. Alcune erano ricoperti di sangue, c'erano cadaveri per terra. Ma grazie a Dio ho trovato la mia famiglia, che era riuscita a mettersi in salvo".

"Dopo essere scappati anche dal teatro ci siamo diretti nella Filarmonica, un altro grande edificio situato lì vicino e che sarebbe stato bombardato di lì a poco. È stata davvero una notte terribile, era la seconda volta che rischiavamo di morire. Sono scappata da Mariupol a piedi la mattina del 17 marzo, due anni fa. Fu allora che ci rendemmo conto, per la prima volta, che erano venuti a ucciderci. Non volevano soltanto usare alcuni posti strategici, ma volevano colpire tutti i cittadini ucraini. E quindi dovevamo scappare. Dovevamo andarcene, perché per loro eravamo un obiettivo”. 

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