Due ricercatori di Yale hanno smontato la narrazione di Mosca: le sanzioni occidentali e l'esodo di multinazionali dal Paese stanno infliggendo costi e conseguenze enormi.
Secondo due ricercatori di Yale, l'economia russa è paralizzata e la sua macchina da guerra sopravvive esclusivamente cannibalizzando le imprese statali.
In un articolo pubblicato venerdì su Foreign Policy, Jeffrey Sonnenfeld e Steven Tian hanno cercato di smontare la narrazione secondo cui Mosca ha saputo rialzarsi nonostante le sanzioni occidentali. Non solo, Sonnenfeld e Tian hanno pure relativizzato la nazionalizzazione delle imprese straniere, sorta di fiore all'occhiello attraverso cui Vladimir Putin ha rilanciato le sue quotazioni. Anche durante la conferenza-fiume di fine anno.
In realtà, proprio le sanzioni occidentali e il conseguente esodo di multinazionali dalla Russia hanno inflitto costi e conseguenze enormi all'economia del Paese.
"Non possiamo cadere nella trappola di pensare che tutto vada bene per Putin e non possiamo rinunciare a misure efficaci per fare pressione su di lui" hanno scritto Sonnenfeld e Tian, osservando che il trasferimento di beni espropriati "senza valore" da aziende occidentali ai compari di Putin non rende la Russia più ricca.
I due ricercatori hanno elencato pure diversi altri segnali grazie ai quali è possibile affermare che l'economia russa è in crisi. Dall'invasione dell'Ucraina all'inizio del 2022, almeno 1 milione di russi sono fuggiti in altri Paesi, compresi i migliori talenti del settore tecnologico. Questo ha contribuito a una carenza di manodopera che si avvicina ai 5 milioni di lavoratori, alimentando un'inflazione elevata. Nel frattempo, 253 miliardi di dollari di capitale privato hanno lasciato la Russia tra il febbraio 2022 e il giugno 2023, stando a Sonnenfeld e Tian, i quali si sono appoggiati sui dati della banca centrale russa. Inoltre, la Russia ha perso l'accesso alla tecnologia e alle competenze occidentali su cui le sue aziende facevano affidamento, mentre gli investimenti diretti esteri si sono quasi completamente esauriti. A peggiorare la situazione, ancora, sono i rigidi controlli sui capitali che hanno reso i beni russi valutati in rubli praticamente privi di valore sui mercati globali.
Non finisce qui: le sanzioni che tagliano fuori Mosca da gran parte della finanza internazionale hanno impedito alle società russe di emettere nuove azioni o nuove obbligazioni in un mercato occidentale. "La Russia, che non ha mai fornito prodotti finiti – industriali o di consumo – all'economia globale, è paralizzata" hanno proseguito Sonnenfeld e Tian. "Non è neanche lontanamente una superpotenza economica, e praticamente tutte le sue materie prime sono facilmente sostituibili da altri Paesi. La macchina da guerra è guidata solo dalla cannibalizzazione delle imprese ora controllate dallo Stato".
Lo stesso Cremlino, pur prediligendo un certo ottimismo, in realtà si sta preparando ad affrontare ulteriori sofferenze.
Lunedì, il governatore della Banca centrale russa Elvira Nabiullina ha dichiarato di aspettarsi altre sanzioni in futuro. Sebbene la Russia, è vero, abbia superato le tempeste economiche degli ultimi due anni, Nabiullina ha messo in guardia dal pensare che il Paese sia "alto tre metri", secondo una traduzione dell'agenzia di stampa statale TASS. Aggiungendo che la pressione delle sanzioni potrebbe intensificarsi e che il Paese deve prepararsi al peggio.