Se davvero la leadership si misura nei momenti di prova, l’Ucraina ha dimostrato in questi anni di essere una nazione che non si inginocchia. Resistere ai missili che hanno martoriato le centrali elettriche, sopportare il buio forzato dei blackout mentre l’inverno si avvicina, continuare a combattere quando l’aggressore colpisce l’energia per spezzare la società: tutto questo non è solo coraggio, è identità. Per questo, quando emergono inchieste come quella condotta dall’autorità anticorruzione ucraina, il giudizio non può essere tiepido. Chi sottrae fondi a uno Stato in guerra, chi drena risorse destinate alla riparazione delle infrastrutture energetiche o al sostegno dello sforzo bellico, non è semplicemente un disonesto. È qualcosa di molto peggiore: è un traditore. È un traditore perché colpisce alle spalle i cittadini che resistono al freddo e all’oscurità, è un traditore perché ruba non solo denaro ma fiducia, ed è un traditore perché – in un momento in cui ogni euro ha il peso della sopravvivenza nazionale – tradisce l’intero progetto di libertà del proprio Paese.
Se i giudici descrivono, secondo la stampa ucraina, un “sistema criminale” che avrebbe consentito a un gruppo di potere parallelo di lucrare svariati milioni di euro proprio su luce e gas, mentre la nazione subiva il blackout energetico indotto dai bombardamenti russi, allora non esiste equivoco possibile: il danno non è contabile, è esistenziale. E proprio il fatto che sia la stampa ucraina a denunciarlo sottolinea che in Ucraina c’è libertà di stampa, che queste verità non vengono nascoste, né spazzate sotto il tappeto, ma discusse apertamente, come accade nelle democrazie vive.
Andrii Yermak, figura potentissima della politica ucraina, avrebbe costruito - secondo le accuse - un governo parallelo che toccava ogni leva del potere a Kyiv, emarginando persino figure istituzionali come il generale Valerii Zaluzhnyi – amatissimo dagli ucraini – dirottato a fare l’ambasciatore a Londra, lontano dal centro decisionale. Accanto a lui agiva, sempre secondo le indagini citate dalla stampa ucraina, Timur Mindich, l’oligarca divenuto famoso per la sua passione per il lusso pacchiano, ora fuggito all’estero. Chi faceva il ministro sapeva, secondo le ricostruzioni dei media ucraini, che la propria sopravvivenza politica dipendeva dai buoni rapporti con quel “centro” informale.
La lezione politica è che l’Ucraina, a differenza della Russia che ha dato inizio ad una guerra di aggressione non provocata, ha gli anticorpi per reagire anche quando il nemico si annida in casa. Perseguire penalmente chi ha rubato soldi pubblici non indebolisce l’Ucraina: la rafforza. La rafforza perché toglie al Cremlino l’arma della propaganda, dimostra agli alleati che il Paese non vuole impunità per i potenti, e ribadisce che la lotta alla corruzione non è accessorio, ma fronte interno della stessa guerra per la sovranità. Per questo è importante non accettare il cinismo di chi, in Europa o altrove, usa l’argomento della corruzione per insinuare che l’appoggio all’Ucraina non sia meritato o debba venire meno. È un ricatto retorico che va respinto con chiarezza: un Paese che indaga, accusa, rimuove e processa i propri corrotti è un Paese più affidabile, non meno. Chi ruba i soldi pubblici in un momento come questo tradisce la libertà per cui altri muoiono al fronte, a Kharkiv, a Zaporizhzhia, a Donetsk, a ogni linea dove la democrazia ucraina si difende da un’invasione imperiale. Kyiv non è solo capitale politica: è il simbolo di un popolo che sta scegliendo l’Europa dei valori contro l’autoritarismo della sfera russa. E i valori, quando sono veri, non esitano nel chiamare le cose con il loro nome. Sostenere l’Ucraina non significa bendarsi gli occhi davanti ai suoi errori: significa avere la lucidità di distinguerli dalla sua missione storica.
L’Ucraina ha già risposto alla domanda più importante: se la caverà come ha fatto finora, perché i traditori finiscono nei tribunali, non nei libri degli eroi. Chi ha tradito pagherà, ed è giusto così. Ma il tradimento individuale non diventerà mai argomento per revocare il sostegno a una nazione che combatte, resiste e pretende giustizia. Questa è la differenza tra un manipolo di traditori e un popolo che coraggiosamente difende la propria libertà. Questa è la differenza tra il buio delle bombe e la luce del diritto. E io, senza esitazione, sto dalla parte della luce. Dalla parte dell’Ucraina.
