Passa ai contenuti principali

La favola sporca di Christopher Eppinger

Quando la guerra in Ucraina ha sconvolto il mercato dell’energia e le sanzioni europee hanno chiuso le porte al petrolio russo, c’è stato chi ha saputo trasformare la crisi in un’occasione per arricchirsi. Tra questi, Christopher Eppinger, 31 anni, tedesco del nord, che in appena due anni e mezzo è riuscito ad accumulare circa 250 milioni di dollari — poco più di 216 milioni di euro — sfruttando le pieghe delle regole internazionali e i confini ambigui della legalità economica. La sua vicenda, raccontata dal Financial Times, non è una storia di successo, ma il ritratto impietoso di un capitalismo spregiudicato, dove la furbizia conta più dell’etica e il profitto cancella qualsiasi senso di responsabilità.

Eppinger, cresciuto tra Amburgo e il Kazakistan, ha costruito il proprio impero partendo da una piccola società di trading, Ce Energy (poi Ce Holding). Pochi dipendenti, ma una rete di relazioni capillare. La base delle sue operazioni era Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti, un porto diventato in breve tempo una delle zone grigie del commercio petrolifero mondiale. Mentre l’Europa cercava di tagliare ogni legame energetico con Mosca, Fujairah si è trasformata nel punto di passaggio perfetto per ridare al petrolio russo una nuova identità. Qui i prodotti venivano miscelati, stoccati e rivenduti con una certificazione “emiratina” che ne ripuliva l’origine.

Il trucco, se così si può chiamare, era sfruttare le eccezioni previste dalle stesse regole occidentali. Il cosiddetto price cap, il tetto al prezzo del greggio imposto da G7 e Unione Europea, vietava l’import diretto di petrolio russo, ma consentiva comunque a operatori e intermediari di trasportarlo e assicurarlo verso Paesi terzi, a patto che fosse venduto sotto una certa soglia. Eppinger ha costruito la propria fortuna proprio su quel margine: acquistando petrolio russo a basso costo, facendolo transitare a Fujairah e rivendendolo altrove come se fosse un prodotto legittimo. Non un innovatore, ma un opportunista che ha trasformato la guerra in una fabbrica di profitti.

Secondo il Financial Times, tra il 2022 e il 2025 la sua società ha movimentato 3,3 milioni di tonnellate di petrolio, per un valore complessivo di circa 2 miliardi di dollari. I suoi affari hanno toccato Nigeria, Bahamas, Spagna e persino il Brasile, dove avrebbe venduto diesel di origine russa alla joint venture Raízen, controllata da Shell. I suoi partner lungo la catena di forniture includevano nomi noti come Tejarinaft, Mercantile & Maritime, Uniper e Vitol. Il profitto personale di Eppinger? Circa il 10%, mentre l’Europa contava i danni economici di una guerra che da Kyiv si rifletteva su bollette, inflazione e povertà.

Oggi Eppinger ostenta la sua ricchezza con la stessa leggerezza con cui l’ha accumulata. A Cannes, nel ristorante La Guérite, una targa celebra la sua festa per i trent’anni: “Christopher Eppinger. La leggenda di La Guérite. 300 bottiglie di Cristal, 13 giugno 2024.” Villa Mirta, la sua residenza in collina — un tempo appartenuta a un narcotrafficante — è in ristrutturazione per 14 milioni di euro. Ne ha acquistata un’altra, da 5 milioni, per i genitori. Colleziona arte contemporanea come se fossero trofei: un Hammer and Sickle di Warhol per il bar, un mosaico d’oro a forma di serpente per la spa, e persino l’idea di appendere un Caravaggio in camera da letto.

La sua parabola è un simbolo del lato oscuro della finanza globale. Un sistema che non premia chi costruisce valore, ma chi sfrutta i vuoti normativi e morali del mercato. Eppinger ha guadagnato miliardi grazie a un conflitto che ha distrutto vite, economie e città come Kyiv, eppure viene celebrato come un uomo d’affari di successo. La sua storia dovrebbe invece essere letta come un monito: quando la finanza si disinteressa dell’etica, smette di essere un motore di progresso e diventa una macchina di speculazione e indifferenza.

Oggi, Eppinger sostiene di aver chiuso ogni rapporto con la Russia e di aver ribattezzato la sua società Petrichor, come se bastasse cambiare nome per lavare via le origini della propria ricchezza. Ma la sua ambizione resta la stessa: “aggiungere uno zero” al patrimonio. Il suo percorso non racconta la genialità di un imprenditore, bensì la spietatezza di chi prospera sulle macerie di una guerra. È la rappresentazione perfetta di un capitalismo senza coscienza, dove il successo individuale vale più della giustizia, e la morale non trova posto neppure in nota a piè di pagina.

Post popolari in questo blog

Sopraffazione e disonore

Il disonore è evidente. Abbandonare il popolo ucraino a chi ha distrutto le sue case, deportato i suoi bambini e cercato di annientarne l'identità significa tradire sé stessi e il mondo. Trattare l'Ucraina come un fastidio riporta alla parola desueta "onore", ormai malvista perché associata a concetti apparentemente superati.  Le parole di Mattarella, che collocano l'invasione russa nella storia europea come la riproduzione a parti invertite dei fasti osceni del Terzo Reich imperialista a caccia del suo spazio vitale, contrastano con il cinismo della Casa Bianca trumpiana, che baratta la pace con un piatto di lenticchie, le terre rare. Il disonore dell'abbandono dell'alleato, della commercializzazione della pace, emerge nella sua forma più schietta e ultimativa. Un popolo non è un concetto astratto: è fatto di vecchi e bambini, di giovani donne e uomini, delle loro case, della loro lingua, della loro cultura. Un popolo invaso è la gioia trasformata in mest...

Export, l’Europa sotto l’ondata di merci cinesi respinte dagli Usa. I rischi per aziende e Bce

L’Europa rischia di diventare il nuovo terminale dell’ondata di merci cinesi respinte dagli Stati Uniti. Dopo l’inasprimento dei dazi deciso da Donald Trump, Pechino ha iniziato a dirottare parte della propria produzione verso l’Eurozona, dove le barriere commerciali restano più basse e la domanda di beni a basso costo è ancora sostenuta. L’effetto si sta già facendo sentire tra le aziende europee, costrette a fronteggiare una concorrenza sempre più agguerrita da parte di prodotti cinesi spesso sostenuti da ingenti sussidi pubblici e venduti a prezzi con cui i produttori locali difficilmente riescono a competere. La sovrapproduzione cinese, alimentata da una domanda interna debole e da politiche industriali espansive, cerca ora nuovi sbocchi in mercati aperti come quello europeo. Le conseguenze vanno oltre il semplice equilibrio commerciale. Un afflusso massiccio di prodotti cinesi nell’Eurozona potrebbe infatti contribuire a raffreddare ulteriormente l’inflazione, già in calo rispett...

Il lato oscuro del “low cost”: quando l’offerta nasconde rischi reali

Acquistare prodotti a prezzi stracciati su piattaforme di e-commerce come Temu può sembrare un affare , ma i consumatori europei devono fare attenzione. La piattaforma, arrivata in Europa e con oltre 90 milioni di utenti , è attualmente sotto indagine dalla Commissione Europea per la vendita di prodotti potenzialmente illegali o non sicuri , come giocattoli e dispositivi elettronici. L’indagine rientra nel Digital Services Act (DSA) e punta a verificare se Temu adotti misure adeguate per prevenire la diffusione di prodotti non conformi agli standard europei. Le sanzioni previste , in caso di violazioni confermate, potrebbero arrivare fino al 6% del fatturato mondiale annuo . Per spiegare come possa essere pericoloso rivolgersi a queste piattaforme abbiamo scelto un prodotto tra quelli venduti su Temu. Un esempio emblematico è rappresentato dallo smartphone DOOGEE N55PRO , proposto sulla piattaforma a meno di 100 euro, con caratteristiche tecniche interessanti come 16 GB di RAM, 256 G...