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Le stanze gemelle del potere: come Putin si nasconde in bella vista

Secondo una nuova indagine dell’unità investigativa Systema, Vladimir Putin avrebbe fatto costruire repliche quasi perfette dei propri uffici in diverse regioni della Russia, così da confondere osservatori, media e potenziali aggressori sulla sua reale posizione. Gli investigatori hanno identificato almeno tre stanze identiche in residenze separate, scoprendo che numerosi incontri ufficialmente attribuiti alla residenza di Novo-Ogaryovo, alle porte di Mosca, si sarebbero in realtà svolti a centinaia di chilometri di distanza, principalmente a Sochi e soprattutto nella tenuta di Valdai, divenuta negli ultimi anni il rifugio preferito del despota del Cremlino.

Analizzando oltre 700 video e confrontandoli con registri di viaggio trapelati dell’entourage presidenziale, i ricercatori hanno individuato minuscole discrepanze nell’arredamento e nei dettagli architettonici: l’altezza di una maniglia, la posizione di un termostato, la tonalità di un tavolo, la forma di un mobile TV, persino il numero di prese d’aria sul soffitto. In una trasmissione del 2020, ad esempio, un giornalista della TV di Stato appare attraversare una porta per ritrovarsi in un’altra sala dove è in corso una conferenza stampa; solo un occhio molto attento avrebbe notato che si trattava di due edifici in città diverse, rivelati dalla minima variazione dell’allineamento della maniglia. Dettagli di questo tipo sono diventati la chiave per ricostruire gli spostamenti di Putin, che si sarebbe “nascosto in bella vista” sfruttando scenografie duplicate e una strategia di comunicazione fondata su filmati registrati con anticipo e diffusi solo giorni o settimane dopo, così da mascherare le sue attività e la sua posizione effettiva.

Il rapporto di Systema sostiene che il despota del Cremlino abbia progressivamente trasferito il centro delle sue operazioni a Valdai, una residenza isolata, fortificata e circondata da un fitto apparato di difese. Le immagini satellitari mostrano che attorno al lago, nell’estate 2024, sarebbero stati installati dodici sistemi Pantsir-S1, un numero considerevole se confrontato con i circa sessanta che proteggono l’intera area metropolitana di Mosca. La scelta di Valdai sarebbe legata ai timori per gli attacchi con droni ucraini, che in più occasioni hanno raggiunto le vicinanze degli uffici del Cremlino e della residenza sul Mar Nero, già colpita da un incendio attribuito a un drone. L’ansia di un attacco avrebbe spinto Putin a rivedere a fondo la propria quotidianità, malgrado tutte le sue proprietà dispongano di bunker sotterranei, arrivando persino – secondo precedenti inchieste – a demolire la storica residenza Bocharov Ruchey per timori legati alla sua vulnerabilità.

L’ossessione per la sicurezza, osserva l’accademico russo Konstantin Gaaze, ricorda quella di Saddam Hussein, che cambiava continuamente rifugio lasciando all’oscuro persino la propria cerchia ristretta, temendo non i complotti interni ma i missili statunitensi. Il despota del Cremlino, allo stesso modo, avrebbe moltiplicato copie dei propri ambienti di lavoro per rendere impossibile capire dove si trovi davvero, affidandosi a un gioco di specchi fatto di video sfasati nel tempo, date manipolate e scenografie replicate al millimetro, mentre Kyiv intensificava i suoi attacchi con droni sul territorio russo.

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