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Diceva Reagan: "Cedere alla comodità, pensare che la buona volontà basti a fermare chi non ne ha, è pura follia.

 

Le guerre non si combattono solo con i carri armati e lungo le linee del fronte. Si giocano, e spesso si decidono, anche nello spazio invisibile delle narrazioni: in ciò che scegliamo di credere, nelle illusioni a cui ci aggrappiamo, nei pericoli che ignoriamo perché più comodo non vederli. Le storie che accettiamo sono armi potenti quanto qualsiasi arsenale.

Ronald Reagan lo ricordava con brutale chiarezza: cedere alla comodità, pensare che la buona volontà basti a fermare chi non ne ha, è pura follia. La storia del Novecento è un monumento alle conseguenze dell’ingenuità: quando si scambia l’aggressore per un interlocutore affidabile, il prezzo ricade sempre sui più vulnerabili.

È per questo che risultano così tanto inquietanti le proposte che oggi vorrebbero imporre all’Ucraina una resa camuffata da compromesso. Come ha sottolineato il deputato repubblicano Don Bacon, chiedere a un Paese invaso di rinunciare al proprio territorio, ridurre drasticamente il proprio esercito, rinunciare per sempre alla protezione della NATO e impedire la presenza di truppe alleate sul proprio suolo non significa favorire la pace: significa condannarlo a una vulnerabilità permanente.

La Russia ha firmato nel 1994 l’impegno a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina. Quel patto è stato infranto senza esitazioni. Da dove nasce, allora, l’idea che oggi si possa riporre fiducia nello stesso interlocutore? Le promesse sulla carta valgono poco quando la controparte considera la carta un ostacolo più che un impegno.

Chiamare queste proposte “pace” è un inganno semantico: non garantiscono stabilità, preparano la prossima invasione; non difendono la libertà, la svuotano; non sono realpolitik, ma appeasement e la storia ci ha già mostrato dove conduce questa strada.

A rendere il quadro ancora più inquietante contribuiscono i dettagli rivelati dal corrispondente del Guardian Luke Harding sul piano di pace statunitense in 28 punti. Secondo Harding, il documento sembra essere stato redatto originariamente in russo, tanto che nella versione inglese compaiono costruzioni linguistiche “goffe”. 

Una revisione filologica mostra inconfondibili impronte russe:

  1. Gergo legale russo copiato parola per parola "Tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni saranno considerate risolte" è un calco letterale della classica formula burocratica russa «неоднозначности будут считаться урегулированными». Nessun diplomatico americano scrive così;
  2. Le scelte dei verbi sono tipiche del linguaggio del Cremlino "L'Ucraina accetta di sancire nella sua Costituzione..." deriva direttamente da «закрепить в Конституции», un sintagma comune nei decreti russi non nei ocumenti politici inglesi;
  3. La sintassi lo tradisce. "Si prevede che la Russia non invaderà i Paesi vicini..." non è inglese diplomatico. È una traduzione della struttura impersonale russa «ожидается, что...» standard nella redazione giuridica di Mosca.
  4. La struttura del piano rispecchia le richieste di Putin stessi Riconoscimento dell'occupazione, neutralità costituzionale, congelamento della NATO, e un "dialogo Russia-NATO" mediato dagli Stati Uniti. Questa è una ripetizione punto per punto dell'ultimatum del Cremlino del 14 giugno 2024.
  5. Anche gli errori rivelano la lingua originale. Una versione dice "un accordo di non aggressione completo e completo" una palese traduzione errata della coppia russa «полное и всеобъемлющее» (due aggettivi diversi resi dalla stessa parola).

Questi elementi, nota Harding, sollevano interrogativi sull’effettiva paternità del testo.

L'Ucraina non ha bisogno di una capitolazione mascherata da diplomazia. L'Europa non ha bisogno che i diktat russi vengano tradotti in inglese. E il mondo non ha bisogno di un "piano di pace" scritto a Mosca e promosso da Washington.

La Casa Bianca ha riferito che il progetto sarebbe stato redatto dall’inviato speciale del presidente, Steve Whitcoff, insieme a Kirill Dmitriev, rappresentante di Putin, durante un incontro a Miami dal quale Ucraina e alleati europei sono stati esclusi. Un contesto che non contribuisce certo a dissipare dubbi o sospetti.

Mi chiedo: Come ha fatto il Paese che ha prodotto generali come Patton, Marshall e Schwarzkopf, e combattenti della guerra fredda come Reagan, Shultz e Brzezinski, a diventare il Paese che traduce e ricopia ciò che il Cremlino di Putin scrive? Ognuno di questi illustri americani sarebbe sconvolto dal piano di pace proposto che premia i crimini di guerra di Putin e l'aggressione della Russia. 

Non resta che sperare che il Senato degli Stati Uniti e la Camera dei Rappresentanti statunitense continuino a sostenere l'Ucraina. 

Non distogliamo lo sguardo dalle atrocità che Putin e la Russia hanno commesso contro l'Ucraina. I soldati russi smembrano e torturano prigionieri di guerra ucraini. I soldati russi violentano donne e bambini ucraini. La Russia prende di mira ospedali pediatrici oncologici, bombarda reparti maternità e prende di mira attivamente civili. Vogliamo forse giustificare questi crimini di guerra? È ora che la Russia e Putin vengano chiamati a rispondere. 

Se crediamo davvero nella sovranità, nell’autodeterminazione e nella libertà, non possiamo accettare soluzioni che sacrificano un Paese libero sull’altare della convenienza politica o di una fragile illusione di tranquillità. Una pace duratura non nasce da concessioni unilaterali, ma da una deterrenza credibile e dal rispetto dei patti. E, ancora una volta, dal coraggio di riconoscere le storie che tentano di venderci… e di scegliere consapevolmente di non crederci.

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