Nel 2014, Medinsky ha ricevuto dall'Univesità Ca' Foscari il titolo di professore ad honorem. Le vicende legate alla guerra hanno portato alla sospensione dell'onorificenza nel 2022. L'ennesima onorificenza messa in dubbio dalla comunità scientifica Dissernet.
Forse non tutti sanno che Vladimir Medinsky, il capo dei mediatori russi che vedremo sedersi ai tavoli di trattative con gli ucraini a Istanbul è da tempo al centro di molte polemiche che coinvolgono sia la Russia che l’Italia. Ex ministro della cultura dal 2012 al 2020, ora consigliere di Putin, Medinsky è infatti diventato anche membro onorario del corpo accademico dell’Università di Venezia Ca’ Foscari nel 2014, anno in cui il rettore era Carlo Carraro.
L’onoreficenza non dovette fare neanche la fatica di venire a prendersela a Venezia, ma gli venne direttamente portata a Mosca dalla professoressa Silvia Burini, al tempo capo dello Csar – Centro di Studi sulle Arti della Russia, perché in ateneo docenti e studenti si erano opposti ed era montata la protesta. La professoressa poi si dimise dopo che la protesta culminò con un appello firmato da cento docenti dell'ateneo contro il conferimento.
Era il 2014 e al tempo la polemica riguardava il fatto che si premiasse un uomo della propaganda del Cremlino nel momento in cui i russi occupavano e inglobavano la Crimea e parte delle regioni del Donbas.
Ma la diatriba si è riaccesa quando a Ca’ Foscari è nata la proposta, discussa nel primo Senato accademico utile, di revocare l’onoreficenza.
L'ateneo “ribadita la condanna all’aggressione militare della Federazione Russa ai danni dell’Ucraina”, ha concordato una sospensione temporanea della laurea ad honorem.
Nel frattempo, un documento su Vladimir Medinsky viene prodotto da Dissernet, una comunità di volontari che da diversi anni lotta contro i plagi nel mondo accademico russo e si occupa di scovare i titoli di studio falsi della nomenclatura russa.
Ebbene, in base a questo documento, per altro inviato ormai da molto tempo alla direzione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Vladimir Medinsky sarebbe una sorta di plagiatore seriale, e un uomo di scienze molto dubbio. Il capo dei mediatori russi di titoli in Russia ne ha tre, due in Scienze politiche (dottorato e abilitazione), uno in Scienze storiche (abilitazione). In Russia, la tesi di abilitazione serve per aver accesso al titolo di professore. Delle tre tesi scritte da Medinsky, secondo Dissernet due, di scienze politiche, sono state visibilmente copiate. In una il plagio riguarderebbe ben 90 pagine su 134, refusi compresi, i due terzi della tesi.
Questo per stare solo ai “plagi”. Se guardiamo ai contenuti ci sono pure passaggi molto interessanti. Nella tesi in scienze storiche, l’unica che non risulterebbe plagiata, troviamo scritto che: “La prima domanda alla quale la scienza storica deve rispondere onestamente è: ‘fino a che punto un’evento o un’azione corrisponde agli interessi del paese e del popolo?’ Il porre tutto sulla bilancia degli interessi nazionali della Russia equivale allo standard assoluto della veracità e dell’affidabilità di un’opera storica”.
Medinsky dice, in sostanza, che la ricerca storica va completamente piegata agli interessi nazionali, nel suo caso della Russia, e lo fa citando alla lettera Oleg Platonov pubblicista antisemita e ultranazionalista. Una tesi ben strana, molto difficile da giustificare dal punto di vista scientifico, e non proprio compatibile con titoli come quello di Professore onorario. Ma non mancano altri passaggi illuminanti. Andando avanti con alcuni esempi, in uno Enea Silvio Piccolomini viene definito “noto umanista tedesco del XV secolo”, e in un altro Medinsky afferma che i russi sono stati attaccati dagli “infedeli” prima degli europei, ignorando la conquista araba della Spagna.
Non resta che sperare che la mediazione russa sia meno falsa dei titoli del capo delegazione di Mosca.